Patrimonio, Diritti Umani & Hanok

di David Kilburn


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Da una conferenza il 25 marzo 2010, presso il Comitato Nazionale di Studi per i Diritti Umani, Seoul

David & Jade Kilburn at the Human Rights Committee Study Centre in Seoul
Photos by Sandy Soh

Penso che sia di fondamentale importanza che questa conferenza venga svolta in un edificio di diritti
umani.

Lo sviluppo moderno d’idee circa la protezione del patrimonio umano è strettamente collegato con il
discorso di diritti umani. Parlerò di questo concetto in maniera più approfondita successivamente.

Tuttavia, il mese scorso ho notato un articolo sul giornale riguardo il modo in cui Seoul intende
sviluppare misure per proteggere il patrimonio culturale della città all’interno delle quattro grandi porte
della città. Informazioni riguardanti la protezione del patrimonio è sempre benvenuta – per me e penso
per molti, il patrimonio nazionale di un luogo ha un’enorme valore sociale, culturale ed economico.

Apro una piccola parentesi per spiegare meglio cosa intendo dire con la parola “patrimonio”.

Il patrimonio un tempo si riferiva solamente alle opere d’arte e d’architettura maggiori d’un paese.
Monumenti, palazzi, castelli, cattedrali e altri edifici ricadevano in queste due categorie che, dopo
generazioni, sono riuscite a sopravvivere fino ai tempi moderni.

Dal 1950 il concetto di patrimonio culturale è diventato più ampio, includendo paesaggi naturali,
giardini, città, villaggi e persino comunissime case. Successivamente, cose immateriali quali usanze
tradizionali di artigiani ed artisti vengono oggigiorno riconosciute come una parte fondamentale del
patrimonio di ogni paese. UNESCO, il Consiglio d’Europa e altre grandi organizzazioni internazionali
riconoscono tutte questa odierna definizione più ampia del termine “patrimonio.”

La Carta di Venezia del 1964 fu il primo di una serie d’accordi internazionali che espressero queste
idee. Accordi successivi sono stati costruiti su queste basi, fornendo non solo uno sfondo morale e
filosofico che descriva la necessità del buon mantenimento, ma anche i mezzi per ottenere consigli
pratici di supporto nazionale ed internazionale.

Il patrimonio è d’apprezzare perché è una parte inestricabile del DNA di ciascun paese. In un
mondo che promuove sempre più la globalizzazione e standard globali, il patrimonio rappresenta
l’individualità culturale di un luogo. Fa parte, insomma, dell'identità di una nazione e dei suoi valori,
che nel corso dei secoli, si sono evoluti.

Più che gli annunci riguardanti la tutela del patrimonio culturale, è di maggiore importanza il modo
effettivo in cui vengono risolti i problemi di conservazione.

Per questo motivo vorrei iniziare con una spiegazione di ciò che è accaduto a Bukchon negli ultimi otto
anni.

Bukchon, il quartiere situato tra il palazzo Gyeongbok e Changgyeong era il cuore della vecchia Seoul,
ed è qui, a Kahoi-dong 31 dove mia suocera, mia moglie ed io viviamo dal 1988. Fino a poco tempo fa,
Kahoi-dong 31 era l’ultimissimo distretto di Seoul dove si potevano ancora vedere poche strade piene
di autentici Hanok, le case tradizionali coreane, proprio come cent’anni fa.

Il Piano Bukchon

Dal 1976, il governo di Seoul ha promulgato un piano di preservazione degli Hanok di Bukchon.
Nonostante ciò, il governo ha ratificato, molteplici volte, delle eccezioni a questo piano. Il risultato è
stato un calo costante del numero di Hanok.

Quando venimmo a vivere per la prima volta a Kahoi-dong nel 1988, c’erano circa 1.500 Hanok a
Bukchon. Oggi ce ne sono solamente circa 900, e il numero è ancora in declino.

Una settimana fa, un altro Hanok qui vicino è stato demolito. Adesso, sulla stessa strada, la nostra
abitazione è l’unica originale di questo genere.

Eccovi altri esempi:

La zona di Kahoi-dong 1 è stata demolita per consentire ad Hanwa Group di costruire ville di lusso.
Questo progetto fu la causa della distruzione di 88 Hanok.

Come parte del Piano di Restaurazione di Bukchon, la maggior parte degli Hanok nella nostra zona di
Kahoi-dong (Kahoi-dong 31) sono stati demoliti e sostituiti da edifici moderni a due piani di cemento
(contrariamente agli Hanok originali in legno) con tetti in un moderno stile Hanok.

Kahoi-dong 31 è classificata come una Zona di Conservazione S1, e secondo i rapporti del governo,
aveva la più alta concentrazione di Hanok originali in tutta Bukchon, i quali erano quasi tutti in buono
o ottimo stato.

Il Piano Bukchon cambiò tutto. Alcuni Hanok sono stati demoliti illegalmente. Molti proprietari
hanno ricevuto del denaro per restauri o, opzionalmente, per demolizioni. Alcuni residenti sono stati
forzati, con intimidazioni varie, a vendere i propri Hanok. Certe abitazioni sono addirittura state
intenzionalmente danneggiate per poterne richiedere più facilmente la demolizione. Le autorità, la
polizia, gli giudici, non hanno preso nessuna azione anche di fronte a prove schiaccianti di tali abusi.

Il comune di Seoul ha permesso anche la demolizione di Hanok tradizionali ai quali aveva già
assegnato uno status S1. Al loro posto ha consentito la costruzione di nuovi edifici in cemento armato,
usando solamente il tetto tradizionale.

C’è una triste similitudine di eventi tra ciò ch’è successo qui e ciò ch’è successo a Yongsan e Yong-
gang, dove il comune di Seoul s’è ancora una volta lavata le mani dei diritti dei cittadini. C’è da
chiedersi quale forza spinga i funzionari pubblici ad ignorare il proprio dovere di servire la società, di
difendere i diritti dei cittadini e di seguire la legge.

Molti nuovi edifici violano le leggi di costruzione coreane, in quanto il prodotto finale è
sostanzialmente diverso dal piano originale. In particolare, questi nuovi edifici sono più alti del
permesso ma il governo chiude un occhio ed ignora il problema.

Penso che vada benissimo erigere nuovi edifici che mischino stili moderni e tradizionali, ma non a
scapito della demolizione degli ultimi autentici Hanok. Ci sono molti posti a Bukchon dove lo sviluppo
grossolano e indiscriminato nel passato ha creato edifici completamente fuori luogo, che a mio parere
potrebbero beneficiare di qualche rifacimento.

Insomma, il numero di Hanok a Bukchon oggi è almeno del 40% in meno rispetto al 1985.

Il Governo Metropolitano di Seoul è responsabile di questa riduzione, siccome affermavano d’avere
piani di preservazione del proprio patrimonio. Adesso, guardando le cifre che il governo stesso ha
rilasciato, è più chiaro che mai che il loro programma è stato un fallimento totale.

Malgrado il governo avesse parlato proficuamente della tutela e conservazione di beni culturali,
l’attualizzazione del progetto è stato praticamente quello d’un qualunque lavoro urbano. I vecchi edifici
sono stati rasi al suolo per far posto a quelli nuovi.

Dico “praticamente” perché, in effetti, c'è una piccola differenza: le modifiche, ossia le demolizioni
a Bukchon, sono state interamente finanziate con tasse pubbliche. Queste sovvenzioni sono andate a
finire in tasca ai proprietari per i quali, la maggior parte delle volte, la casa di Kahoi-dong era la loro
seconda o terza residenza.

Ciò che un tempo era una vivace comunità di residenti locali è ormai diventata una città fantasma e
proprietà di speculatori.

Raggiungere questi nostri obbiettivi di protezione per il patrimonio culturale non è facile. Oltre ad
essere un problema coreano, questo è anche un problema di livello internazionale che coinvolge
l’UNESCO e molte altre organizzazioni mondiali e regionali. Provenendo dal Regno Unito, i miei
pensieri riguardo questo problema hanno ovviamente un che di Europeo, dove patrimoni culturali sono
considerati d’estrema importanza.

Protezione di Patrimoni Culturali nel Regno Unito

Ci sono leggi ed organizzazioni a livello nazionale e locale per tutelare il patrimonio del paese.

Il governo ha il potere di registrare edifici e terreni come patrimonio culturale date le loro
caratteristiche storiche, archeologiche, architettoniche, artistiche o culturali. Inoltre, qualsiasi individuo
può richiedere al governo che un edificio, quartiere o terreno venga dichiarato un bene culturale e
perciò un patrimonio.

Quando un edificio viene registrato, tutti i successivi lavori devono ottenere una preventiva
approvazione. Ci possono essere anche restrizioni di lavori agli edifici adiacenti per assicurarsi che non
pregiudichino l’edificio in questione.

Il proprietario dell’edificio ha il dovere di curarsene e di mantenerlo in buono stato. Ci possono essere
controlli sui materiali e tecniche utilizzati per garantire che il carattere autentico sia conservato. Il
governo ha anche il diritto d’entrare nell’edificio ed ispezionare per assicurasi che sia in corretta
manutenzione e per esaminare eventuali riparazioni e modifiche.

Se il proprietario trascura i suoi doveri, il governo può spingerlo ad effettuare riparazioni o prendere
possesso dell’edificio o luogo per assumerne le responsabilità. Il proprietario potrebbe anche ricevere
una condanna di due anni di galera e tenuto a pagare una multa di £20.000 (circa 35 milioni di Won o
24.000 Euro). Queste si trattano di sanzioni abbastanza gravi. L’ammenda per la demolizione illegale
di un Hanok a Seoul è solo di 300.000 Won (200 Euro).

Ovviamente, la manutenzione o riparazione di un vecchio edificio può essere difficile e costoso, ma ci
sono fondi e consulenze professionali per aiutare con il processo.

A volte, grandi aree che comprendono numerosi edifici, non possedenti di registrazione individuale
ma comunque considerati come patrimonio culturale, sono garantiti una protezione più flessibile quale
zona di conservazione.

Attualmente nel Regno Unito, circa 500.000 edifici sono registrati presso il governo e se s’includono
aree di conservazione ed edifici adiacenti a quelli registrati, circa un milione di vecchi edifici sono
protetti. Sono inclusi tutti gli edifici costruiti prima del 1700 e la maggior parte di quelli eretti prima
del 1945.

Insomma, c'è una grandissima attenzione all'autenticità e alla storicità. Durante il restauro è considerato
di fondamentale importanza usare materiali autentici e tecniche artigianali originali, se possibile.
Questo è anche considerato il modo corretto di tutela nella maggior parte dei paesi Europei. Purtroppo,
questo concetto esiste nei progetti del comune di Seoul che fanno uso proficuo di calcestruzzo e
lavoratori non qualificati per tali progetti.

Nel Regno Unito, ci sono organizzazioni sia nazionali che locali coinvolte nella tutela del patrimonio
culturale del paese.

La più grande è The National Trust, fondata nel 1895. The National Trust è oggigiorno il più grande
proprietario terriero nel Regno Unito e la più grande organizzazione di conservazione di questo genere
in Europa. È proprietà di circa 3,6 milioni di membri (quasi il 6% della popolazione del Regno Unito) i
quali sono comuni cittadini che pagano un abbonamento annuale.

The National Trust è un’ente completamente indipendente sia dai business che dal governo. Trae i suoi
introiti non solamente dagli abbonamenti ma anche da donazioni, costi d’ammissione, vendita di libri,
film e altri materiali che hanno a che fare con il patrimonio culturale Inglese. Viene anche aiutata da
55.000 volontari part-time.

Ormai, ci sono queste organizzazioni National Trust in circa 15 paesi (ad esempio in Giappone, USA,
Australia, Bermuda, Irlanda, ecc) ma nessuna di queste ha ancora raggiunto lo stesso livello di sostegno
popolare, di reputazione, o d’influenza comparabile a quella del Regno Unito.

Anche se adesso il National Trust si occupa principalmente della conservazione di edifici e della
campagna, non fu così subito dopo la fondazione nel 1895. Inizialmente infatti, era un’organizzazione
di diritti umani.

Nel diciannovesimo secolo, ci furono enormi cambiamenti sociali nel Regno Unito. Uscirono nuove
industrie e nuove tecnologie che utilizzavano carbone e vapore; le città crebbero rapidamente per
fornire la manodopera che serviva per le fabbriche e ci fu una rapida crescita della popolazione.
L'Inghilterra, insomma, si stava trasformando da una società agricola ad una moderna.

Fu in questo contesto che i ricchi proprietari terrieri videro l'opportunità di assumere pieno controllo di
vaste aree di campagna e altri terreni dove la gente, un tempo, era libera di coltivare, allevare animali e
di intraprendere altri mestieri tradizionali.

I diritti che questi contadini avevano sui terreni risalivano a circa mille anni prima. I proprietari terrieri,
molti dei quali erano membri del parlamento, cominciarono a promulgare leggi che gli consentiva di
far soldi con quei terreni e tenerli fuori dalle mani dei contadini. Chiaramente, questi cambiamenti
portarono grandissime tensioni sociali.

I tre fondatori del National Trust erano interessati sia dai cambiamenti nell’uso del terreno, sia dal
modo in cui vennero eliminati i diritti umani.

Uno dei tre, Robert Hunter, era un avvocato che dedicò il suo tempo alla ricerca di modi per tutelare i
diritti di questa gente comune e, data l’enorme influenza del suo lavoro legale e i saggi che scrisse, il
governo fu obbligato a cambiare delle leggi riguardanti questa questione.

Ci sono circa 526.000 ettari di terra in Inghilterra e nel Galles, circa il 3,5% di tutto il territorio
nazionale, che ricade sotto la categoria di “terreno comunale” (common land). In gran parte questo
è dovuto al lavoro di Robert Hunter e del National Trust. Se avete l'opportunità di visitare Londra,
Hampstead Heath è un esempio di “terreno comunale”.

La seconda organizzazione di questo tipo è l’English Heritage, un’organizzazione affiliata con il
governo che agisce anche da consigliere legale del governo in materia d’ambito storico. Svolge un
ruolo importante nello sviluppo della politica, la legislazione, l’educazione e la promozione di questi
beni. Gestisce anche molte proprietà. Fu fondata nel 1984, ma il coinvolgimento del governo nella
tutela del patrimonio culturale risale al 1892.

Oltre al lavoro di tali organizzazioni, molti edifici e quartieri d’importanza storica sono gestiti da
fondazioni di conservazione che dipendono da migliaia di volontari. A Londra, Hampstead Garden
Suburb ne è un esempio. Un altro è una cittadina nei pressi di Londra, Letchworth, anch’essa gestita dal
Heritage Foundation. Entrambe sono state fondate all’inizio del ventesimo secolo.

La protezione del patrimonio culturale ha avuto successo nel Regno Unito in parte grazie all’esistenza
di queste leggi che le tutelano, e in parte grazie al rapporto che i cittadini hanno con la loro cultura.

Infatti, molti di questi lavori bisogna attribuirli agli sforzi dei cittadini che hanno appassionatamente
seguito tali faccende. In altre parole, questa grande cura del passato riflette il valore che la gente nel
Regno Unito da al proprio patrimonio culturale.

In un sondaggio in Inghilterra, il 96% delle persone ritenevano che l’ambiente storico era fondamentale
per insegnare ai giovani il passato; l’88% pensava che fosse importante per creare nuovi impieghi
e per stimolare l’economia; l’87% riteneva fosse giusto usare fondi pubblici per tutelare il proprio
patrimonio culturale, e che tali opere, edifici o luoghi svolgessero un ruolo importante per lo spirito
culturale del paese. Giovani ed anziani hanno partecipato a questo sondaggio ma sono stati in
particolare i giovani ad essere i più campanilisti.

Il Valore Economico della Tutela dei Beni Culturali

Il valore economico che si può trarre dai beni culturali è enorme. Nel Regno Unito il guadagno tratto da
turisti che visitano questi siti è di circa £20,6 miliardi (pari a 24,8 miliardi di Euro o 36 trilioni di Won)
e crea 466.000 posizioni di lavoro. Ogni milione di sterline di finanziamento investite per il patrimonio
porta ad un aumento delle entrate per il turismo di £4,2 milioni (5 milioni di Euro) nel giro di 10 anni.
Economicamente parlando, questo profitto giustifica il costo iniziale per la tutela dei beni culturali.

Insomma, la Corea riuscirebbe a rinforzare la propria economia con circa 27 trilioni di Won e più di
300.000 posti di lavoro, il tutto a lungo termine.

La distruzione del patrimonio a Bukchon ha solamente beneficiato un piccolo numero di individui e
speculatori. Eppure, con la tutela del proprio patrimonio culturale, potrebbe beneficiarne tutta la società
a lunghissimo termine. Non solo, ma è anche una delle maggiori attrazioni per gente che viene fuori dal
paese: in un sondaggio del 2009, il 30% dei turisti in Gran Bretagna erano li per vedere il patrimonio
culturale del paese, contro il 27% che era li per affari e il 15% per visitare amici e parenti.

Diritti Umani Includono Diritti del Patrimonio Culturale

Il “patrimonio culturale” è un concetto che evoca generalmente idee positive, come per esempio la
conservazione della cultura tangibile o dei paesaggi naturali, ma anche di ciò che è intangibile, quali
spettacoli di danza, canto, musica, teatro, altri spettacoli, riti religiosi e sociali. Tutte queste cose sono
generalmente considerate come un qualcosa che tutti condividiamo al livello di nazione, e ne beneficia
quindi il senso di comunità. È tramite queste nozioni di una cultura comune che formiamo le nostre
identità, e sviluppiamo perciò l'identità della nostra famiglia, comunità e del paese.

Per questi motivi, molta gente oggigiorno ritiene che l’accesso a questo patrimonio culturale sia un
diritto umano; un concetto chiaramente espresso nelle recenti dichiarazioni delle Nazioni Unite.

Penso ci siamo dei motivi particolari per i quali la tutela del patrimonio culturale in Corea sia reso
difficile. Gli eventi del ventesimo secolo, come l’occupazione giapponese che tentò di sradicare
completamente la cultura coreana, la guerra della Corea, la scissione del paese, e il periodo di governo
militare, furono esperienze traumatiche. Questi eventi ruppero il legame tra il popolo coreano e il loro
patrimonio culturale, e oggi ne vediamo le terribili conseguenze.

Diventare un Paese Sviluppato

La Corea del Sud è un paese urbanizzato, sofisticato e possedente di moltissime tecnologie. Secondo
il Financial Times, il reddito pro capite in termini di potere d’acquisto è di circa $28.000, solo $5000
dietro ai loro storici rivali giapponesi. La Corea del Sud ha un’economia praticamente grande come
quella dell’India, ma con una popolazione di meno d’un ventesimo. Esporta più merci del Regno Unito.

Nel 1960, la Corea del Sud aveva un reddito pro capite pari a quello dell’Africa sub-sahariana; oggi è
alle calcagna di quello della Gran Bretagna e della Francia. Ha fatto dei progressi troppo enormi per
continuare a far finta di essere una potenza minore.

Molti funzionari del governo parlano del loro desiderio di far diventare la Corea un paese sviluppato.

In termini di produzione e tecnologia, ha già raggiunto questo status. Tuttavia, questo non è sufficiente
per essere considerato un “paese sviluppato”: il seguire le leggi, il rispetto dei diritti umani, la tutela
del patrimonio culturale, sono tutti elementi che fanno parte dell’essere un paese sviluppato. In questo
campo, è un grande dispiacere dover ammettere che la Corea non ha compiuto grandi progressi negli
ultimi cinquant’anni.

Chiaramente, è giunta l’ora che la Corea rivendichi il proprio posto tra le nazioni avanzate e ricevi più
riconoscimento internazionale, appunto, tutelando diritti umani e il proprio patrimonio. Quest’ultimi
sono inseparabilmente legati.

Questi argomenti sono troppo importanti per essere lasciati nelle mani del governo o dei giudici.
Richiedono il coinvolgimento appassionato e costante della gente comune, perché è così che funziona
la democrazia nei paesi sviluppati.

Grazie dell’ascolto.

David Kilburn

Translated into Italian by Daniele Pestilli

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